Parrocchia
San Lorenzo M.
Massafra

In cammino verso la costruzione della Caritas Parrocchiale

caritas“Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri”

(Gv 13,34-35)

Per una Chiesa fraterna

La storia di Gesù e il cammino della Chiesa

La storia di Gesù Cristo ha regalato agli uomini la possibilità nuova e singolare di organizzarela propria vita personale e sociale partecipando all’amore familiare di Dio. La vita in comunionecon Dio, che in Gesù ha costruito una storia d’Amore, educa gli uomini a prolungare questagrazia attraverso una vita fraterna, a partire dall’unica fede, speranza e carità che sono statedonate a noi nello Spirito.

Questa storia d’Amore che continua è la Chiesa. La Chiesa ha una storia, vive nella storia conforme nuove, mutamenti, progetti, paure, infedeltà, sogni… e sempre guidata dalle parole e daigesti del Figlio di Dio che sono norma per la sua vita, sempre sorretta dallo Spirito a custodire eannunciare la verità tutta intera.

Il dono della Parola, i sacramenti, i gesti fraterni: tutto nella Chiesa è memoria della storiadi Gesù per la crescita della fede, della speranza e della carità. E la memoria deve continuamenteessere accolta e interpretata dai credenti dentro la propria esistenza.

(“Da questo vi riconosceranno” n°6)

 

La parrocchia è Chiesa

La parrocchia è il luogo familiare dove la memoria di Gesù è narrata, accolta, celebrata e condivisa. Al tempo stesso, la parrocchia è il luogo abituale in cui la Chiesa traduce, porta tra lecase della gente e struttura questa storia dell’Amore di Dio. Il concilio – diceva Paolo VI – «conserva,conferma, nobilita la formula parrocchiale, come espressione normale e primaria dellacura d’anime», anche se – aggiungeva poi – «molte altre forme di assistenza religiosa e di apostolatosono necessarie per recare la parola e la grazia del Vangelo alle cento forme di vita degliuomini d’oggi».

La parrocchia, luogo di memoria, è Chiesa. E la Chiesa – scrivono i Padri – è come la luna.Come la luna riceve la luce dal sole, così la Chiesa è illuminata da Cristo. E continuando commentanocosì le fasi lunari: la luna nuova è la Chiesa che evangelizza; la luna piena è la Chiesache celebra l’eucaristia e i sacramenti, la luna calante è la Chiesa che ama, che perde la sua vitadonandola.

(“Da questo vi riconosceranno” n°7)

 

L’eucaristia fa la Chiesa

La storia della parrocchia che celebra l’eucaristia inizia la sera del giovedì santo, quandoGesù durante l’ultima cena dona il segno della sua reale e duratura presenza alla comunità deicredenti. Attraverso l’eucaristia, l’amore di Gesù che muore in croce e la potenza della sua risurrezionediventano pane del cammino, forza di tutti gli evangelizzatori e i testimoni.

Nei primi tre secoli, i Padri sottolineano che «l’eucaristia fa la Chiesa». Inizialmente l’eucaristiaè sempre presieduta dal vescovo, che collega ogni comunità al mistero pasquale e alla Pentecoste,ai momenti del dono e dell’invio dai quali la Chiesa nasce. Con la moltiplicazione dellecomunità di fedeli nelle campagne l’eucaristia giunge prima inizialmente come fermentum: ipresbiteri che vivono in comunità con il vescovo la portano ogni domenica ai fedeli lontani dallaChiesa madre in segno di comunione. Dopo il V secolo l’eucaristia è celebrata dai presbiteri anchenelle campagne. Col tempo il fermentum trova una casa stabile (la chiesa-edificio) e un luogopreciso di conservazione (il tabernacolo) per l’adorazione e la distribuzione frequente ai fedeli,in particolare ai malati. Il luogo della celebrazione eucaristica, da questo momento, qualificala parrocchia.

Nel 1983 i vescovi italiani scrivevano: «L’eucaristia è forza che plasma la comunità e ne accresce

il potenziale d’amore: la rende casa accogliente per tutti, la fontana del villaggio che offrea tutti la sua acqua sorgiva, come amava dire papa Giovanni. In essa ogni diversità si componenell’armonia, ogni voce implorante riceve ascolto, ogni bisogno trova qualcuno che si curva sudi esso con amore. Incontro, dialogo, apertura e festa ne sono le note caratteristiche» (CEI, Eucaristia,comunione e comunità, n. 28).

(“Da questo vi riconosceranno” n°12)

Tre dimensioni dell’unica comunità

Il futuro della pastorale parrocchiale, in sintonia con i progetti diocesani e quelli dellaChiesa italiana, lascia intravedere una sempre più stretta connessione tra l’ascolto e l’annunciodella Parola, la celebrazione dei sacramenti e la testimonianza della carità. Tale prospettiva èmaturata nella Chiesa italiana attraverso i tre progetti pastorali che hanno scandito gli anni delpost-concilio: Evangelizzazione e sacramenti (anni ’70), Comunione e comunità (anni ’80) ed Evangelizzazionee testimonianza della carità (anni ’90). In particolare quest’ultimo documentoincentra sul Vangelo della carità le «tre essenziali dimensioni» dell’annuncio, della celebrazionee della testimonianza di cui ogni battezzato e l’intera comunità sono «soggetto» e indica conprecisione l’altro obiettivo della «osmosi sempre più profonda» tra le stesse tre dimensioni (ETCn. 28).

Vale la pena di ricordare che nel ’92 gli Uffici Nazionali Liturgico e Catechistico e la CaritasItaliana convocarono in un unico convegno nazionale ad Assisi i referenti diocesani delle tre dimensioni;da quel primo appuntamento si sono moltiplicate le occasioni di lavorare insieme – anchecon le varie altre componenti della pastorale – a livello sia diocesano che nazionale.

La progettazione pastorale nella Chiesa italiana, nelle Chiese locali e, attraverso di esse, inogni parrocchia ha significato concretamente: centralità dell’ascolto della Parola in forme personalie comunitarie, come fonte di rinnovamento della vita dei credenti; riscoperta del ruolo attivodei fedeli nella comunità, favorito dalla partecipazione agli organismi pastorali e anche dallevarie forme associative; iniziative di condivisione con i poveri, in particolare attraverso il volontariatoe i servizi di accoglienza di base. L’attenzione concreta alle persone è fonte di nuova culturasociale e di cittadinanza responsabile e solidale, in particolare attraverso il riconoscimentoe la promozione della dignità e dei diritti di ogni persona, cominciando dagli ultimi.

Su questa strada, tenendo uniti annuncio, celebrazione e testimonianza della carità, si apreil cammino di ogni parrocchia che vuole essere Chiesa in un preciso territorio, oggi.

(“Da questo vi riconosceranno” nr.15)

 

Chiesa tra le case della gente

Il sintetico sguardo fin qui tracciato sulla parrocchia aiuta a comprendere meglio la veritàe l’attualità di alcune definizioni.

Anzitutto quella di parrocchia come Chiesa tra la gente. che la caratterizza per la sua località,storicità, territorialità. Lo stesso termine parrocchia /parà oikìa) significa letteralmente «casa accanto». Attraverso la parrocchia ogni cristiano si sente Chiesa e diventa corresponsabile.

Attraverso la parrocchia, per mezzo della vocazione e missione dei fedeli, la Chiesa arriva adognuno, esprime prossimità ad ogni persona sentendosi debitrice della Parola, del pane dell’eucaristia,di gesti concreti di carità (cfrr. Christifideles laici, nn. 26-27).

Nella vita della parrocchia, la definizione della Chiesa come sacramento di salvezza, sottolineatadal concilio Vaticano II, trova il massimo di espressività e concretezza: in parrocchia ognunopuò fare l’esperienza sacramentale del perdono. ricevere il sostegno dei fratelli nella sofferenzae nel bisogno. costruire la comunione con tutti nella quotidianità.

(“Da questo vi riconosceranno” nr.16)

 

 

Popolo in cammino…

Il percorso fatto dice anche la verità della definizione della parrocchia come popolo incammino. L’invito ad andare. annunciare, battezzare e guarire proprio del Vangelo (Mt 28,19), losforzo di Paolo di «correre per conquistare la meta» (Fil 3,12), il senso di provvisorietà dell’esistenzafino a sentirsi «pellegrini e forestieri in questo mondo» (I Pt 2,11; Lettera a Diogneto,5,5) e l’eredità di popolo dell’alleanza ricevuta attraverso Israele sono come la strada tracciataper ogni comunità parrocchiale. Fare parrocchia è mettersi in viaggio con altri senza pretenderedi scegliersi la compagnia, apprezzare il valore dell’incontro e dell’accoglienza tra diversi, sperimentarela fatica e la gioia del camminare insieme, imparare a procedere al passo degli ultimi.

Si impara ad aspettarsi perché ci si salva insieme, si verifica la propria appartenenza alla Chiesaassumendo impegni e responsabilità concreti. In una parola, si cresce nella comunione,consapevolidella provvisorietà di ogni meta, della limitatezza di ogni realizzazione storica ma protesiverso il regno di Dio e impegnati in un certo senso a prefigurarlo (cfrr. Gaudium et Spes, n. 39).In una parola, in parrocchia s’impara una virtù fondamentale per ogni cristiano adulto: lasperanza. Per essere uomini e donne costruttori di comunione, entusiasti per l’opera a cui mettono

mano e capaci di scommettere sul futuro perché davanti a loro c’è il Regno che viene.

(“Da questo vi riconosceranno” nr.17)

 

…dentro un territorio

Incarnazione e inculturazione possono sembrare parole troppo grosse per dare il sensodella collocazione della parrocchia in un territorio. La prospettiva dell’incarnazione sta a significarequello che Dio ha scelto di essere facendosi uomo in un dato contesto storico e geografico,«piantando la sua tenda» in mezzo a noi. E l’inculturazione rimanda a un’idea di cultura non legata

al sapere accademico, ma a quello che la gente sente e vive, soffre e spera. Ogni parrocchiaha senso per annunciare il Vangelo di sempre e per spezzare l’unico pane eucaristico in quelposto, in quel momento storico, con le attese e i problemi, le fatiche e le speranze, i valori e lecontraddizioni di quelle persone. In una città o in un piccolo paese, nella periferia di una grandemetropoli o in una vallata di montagna la parrocchia è Chiesa che accoglie il bisogno di socialitàdella gente e le paure della solitudine; che fa i conti con le spinte al consumismo, i messaggi deresponsabilizzantidei mass media, i localismi e gli individualismi. Prendendo da quel che c’è dibuono per migliorarlo, resistendo al male che da qualche parte è sempre in agguato e provandoad essere, sotto lo sguardo misericordioso del Padre, «tutti responsabili di tutti» (Sollicitudo reisocialis, n. 38).

(“Da questo vi riconosceranno” nr.18)

 

 

Fraternità accogliente

Nella Chiesa-parrocchia la comunione, la corresponsabilità e la partecipazione si esprimonoin rapporti nuovi, in particolare tra preti e laici, attraverso nuovi strumenti e modalità dicollaborazione e, perché nessuno sia escluso, con attenzione preferenziale per i piccoli e i poveri.

L’ecclesiologia conciliare, in particolare nella Lumen Gentium, indica la comunione e la missionecome prospettive originarie ed essenziali della Chiesa vissuta come mistero e popolo di Dio.I vari soggetti che la compongono (normalmente considerati in ordine gerarchico: papa, vescovi,presbiteri, debitori del Vangelo ad ogni persona e gruppo umano – nella prospettiva delRegno che supera ogni progetto storico – e tutti chiamati a uno sviluppo della comunione secondole quattro note del Credo: unità, santità, apostolicità e cattolicità. La parrocchia non è laChiesa presente in pienezza, per questo è fondamentale e vitale la piena comunione diocesana;come pure le Chiese particolari trovano sintesi nella carità dì Pietro e dei suoi successori cheguidano nell’unità e nella verità la Chiesa universale.

La parrocchia resta comunque la via ordinaria di accesso alla comunione ecclesiale per ognuno.

Per questo l’accoglienza è tratto distintivo di ogni comunità: ogni parrocchia deve aiutarechiunque ad essa si rivolga a sentirsi come in casa propria. facendosi porta aperta e luogo di accoglienzae ascolto senza pregiudizi. Dall’idea che la gente si fa della propria parrocchia dipendein buona parte il rapporto con la Chiesa universale, il modo di farsi un concetto positivo o negativodi Chiesa.

È anche opportuno ricordare come il cammino dei discepoli di Cristo nella storia sia stato segnatoda profonde divisioni, che tuttora permangono con l’esistenza di confessioni cristiane diverse,in dialogo tra loro ma non ancora in piena comunione: il cammino ecumenico è elementoimportante per la fedeltà della Chiesa all’unico Signore. La testimonianza di carità, con la convergenzasu obiettivi e progetti condivisi di servizio agli ultimi e di promozione della giustizia edella pace, è occasione preziosa di incontro, dialogo e riconciliazione.

(“Da questo vi riconosceranno” nr.19)

 

Carità, anima della comunione

Se anche avessi ricevuto i diversi sacramenti, moltiplicassi la mia partecipazione alle celebrazionie conoscessi tin dall’infanzia tutte le verità di fede, i comandamenti e i precetti dellaChiesa; sefossi membro di molte associazioni e movimenti, partecipassi a numerosi raduni econvegni, fossi un assiduo utente dei mass media cattolici e mi impegnassi nel volontariato, manon avessi la carità, sarei un «giovane ricco» del nostro tempo, un credente solo e triste …

La carità crea comunione perché cerca gli altri, ogni altro, nella diversità delle situazionipersonali di vita. Lo cerca perché sa di averne bisogno, prima ancora che per aiutarlo. La caritàè comunione perché lascia esprimere in noi la realtà di Dio-Amore; perché trova Dio nell’altro eaccoglie nell’altro un fratello; perché condivide sentimenti, beni, speranze, progetti e aiuta ascoprire che nessuno è soltanto un povero, ognuno è un dono e una risorsa.

Attraverso la carità, imparata prima che insegnata, possiamo costruire una spiritualità dellacomunione, radicata nella quotidianità della vita:

  • presenza discreta, feriale nei luoghi in cui si prega, si annuncia la fede, ci si impegna a gesticoncreti di carità;
  • capacità di dialogare, di parlare un linguaggio semplice, di rispettare l’altro ascoltandolo;
  • apertura umile dell’accoglienza;
  • responsabile e fiduciosa attenzione verso il nuovo, sano senso di discernimento senza rigiditàmentali;
  • gioia di essere cattolici (alla lettera: capaci di pensare e agire secondo il tutto) per amare lapropria parrocchia come la Chiesa universale;
  • forte anelito missionario, nella certezza che il Vangelo è la risposta alle attese di ogni personae dell’intera umanità;
  • capacità di cominciare a donare qualcosa chiedendo al Signore, se ci fosse bisogno, di impararea donare perfino la vita …

Ogni cristiano e ogni comunità parrocchiale può continuare a interrogarsi sul modo di viverela carità e di essere Chiesa sviluppando gli spunti sopra accennati e aggiungendone altri. L’innoalla carità dell’apostolo Paolo (1 Cor 13) che ci siamo permessi di parafrasare può essere un utilespecchio per delineare la fisionomia di carità delle nostre parrocchie.

(“Da questo vi riconosceranno” nr.20)

 

La spiritualità della carità

Le situazioni di bisogno e i molti volti della sofferenza e del disagio interrogano la vitadella comunità credente, le sue attività ordinarie, il senso profondo di gesti spesso dati perscontati (dal segno di pace alla frazione del pane). Il modo stesso di ascoltare la parola di Dio sitrasforma, diventa spada penetrante, buona notizia che chiede riscontro lì dove la vita è più offesa,degradata, crocifissa. Conseguenza impegnativa è il dono di sé, non ostentato né scontato,sottoposto a continua verifica sulla capacità di rinnovare la vita per fedeltà alla Parola.

E a questo punto la pedagogia diventa appello alla conversione e quindi spiritualità.

Portare il discorso sulla spiritualità non dovrebbe aver bisogno di molte giustificazioni, se laspiritualità è capacità di tradurre l’esperienza cristiana in stili di vita, proposte, impegni. progetti.

La spiritualità di cui c’è bisogno per dare un’anima alla testimonianza della carità è capace ditenuta di fronte alle prove e agli insuccessi, accetta la fatica del servizio meno gratificante, vedeun cammino di salvezza anche nelle situazioni umane più degradate, mette in crisi l’efficienzapaga dei suoi risultati. A chi s’impegna a servire, a chi chiede liberazione, a chi ritiene di non potercelafare, a chi sceglie il disimpegno una spiritualità della carità e della prossimità indica gliorizzonti del Regno: che non è evasione, né salvezza a buon mercato e neppure dichiarazione diinutilità dei progetti umani e sociali, ma passione per la vita e per il bene, purificazione di ognisperanza, nostalgia di un’armonia e di un incontro che riuscirà a trovare finalmente il compimentoin Dio-Amore.L’intonazione di una testimonianza della carità secondo lo Spirito aiuta a non fare una letturaconforme alla mentalità corrente (cfrr. Rm 12) dell’organizzazione e delle strutture, dell’uso deldenaro e del rapporto con la politica; fa sì che non ci si accontenti della beneficenza e della filantropia(pur rispettandole) né ci si riduca a pietosi infermieri di questa società. Perché ciò accadaè indispensabile un profondo legame tra l’azione pastorale della Caritas e tutta la vita della

comunità parrocchiale, tra la professione di fede e l’agire del credente, tra il dono dell’eucaristiae la disponibilità a farsi dono ai fratelli.

(“Da questo vi riconosceranno” nr.38)

 

Una spiritualità dell’accoglienza e del dono

Tra la spiritualità e la testimonianza della carità si sviluppa un rapporto fecondo, da cuila spiritualità stessa è stimolata a sviluppare alcune caratteristiche. Anzitutto è una spiritualitàdi grande respiro: attenta al complesso delle realtà terrene e storiche; capace di sviluppare unadinamica missionaria che fa dell’incontro, del dialogo e della relazione i suoi capisaldi e in gradodi scorgere sapienzialmente la presenza e l’opera di Dio dentro le realtà create.

Valorizzando molteplici ambiti e competenze dell’azione pastorale, è attenta a tutto ciò checoncerne gli uomini e le donne, non solo gli aspetti problematici ma l’arco dell’intera esistenzapersonale e sociale, e quindi l’educazione e la scuola, le professioni e il lavoro, la società civile ele istituzioni, la salute e la malattia, l’amore e la famiglia: come pure i valori della pace e dellamondialità, del servizio e della solidarietà, della giustizia e della carità.

La Caritas inserisce come dimensione della spiritualità quanto ha riferimento al creato eall’ambiente, al rispetto della natura e delle cose, all’economia e alla scienza, alla tecnica e aimezzi di comunicazione sociale; non per volersi occupare di tutto, ma nel senso di proporre allacomunità parrocchiale di avere a cuore le realtà che costituiscono la trama dell’esistenza umana.

I credenti, con la luce del Vangelo e la grazia dei sacramenti, diventano testimoni di caritàoperosa in ogni ambiente di vita, fase dell’esistenza, situazione interpersonale e sociale.

I gesti concreti, che traducono in testimonianza la carità, oltre ad essere verifica dell’impegno,prima o poi sono occasione per sperimentare il senso del limite, la povertà creaturale dacui nessuno è esente: validi programmi e servizi ben organizzati non danno infatti la certezzadella soluzione dei problemi, della liberazione delle persone. Le sofferenze senza risposta, lapovertà di cui non si riesce a eliminare le cause saranno occasione di sperimentare il senso dellacroce, l’offerta di amore umanamente impotente, la kenosi.

Altro elemento di una spiritualità collegata al servizio della carità è quello della proposta allacomunità di stili di vita alternativi alle mode e alla cultura corrente: quello che si è già dettoa proposito di attenzione ai poveri, offerta gratuita del proprio tempo e condivisione dei propribeni, accoglienza dell’altro e rispetto della diversità, apertura della propria casa, capacità di fareil primo passo in termini di perdono e riconciliazione, rifiuto della maldicenza… Dal fare caritàall’essere carità!

(“Da questo vi riconosceranno” nr.39 e 40)